Separazione e convivenza more uxorio

In primo luogo giova effettuare la seguente precisazione: la separazione personale dei coniugi è un istituto di carattere tendenzialmente transitorio, dato che, pur non essendoci divieti alla permanenza sine die della condizione di “separati”, il rapporto di regola evolve o nella riconciliazione tra le parti oppure nella constatazione dell’irreversibilità della crisi, con la possibilità di addivenire alla sentenza di divorzio.
La separazione, quindi, è una situazione temporanea che però incide sui diritti e i doveri che nascono con il matrimonio. Infatti, intervenuta la separazione, marito e moglie mantengono la qualità di coniugi, ma vengono meno i doveri di coabitazione e di fedeltà che discendono dal matrimonio e rimane a carico di ciascun coniuge l’obbligo di mantenere, educare e istruire i figli e l’obbligo di assistenza materiale verso il coniuge economicamente più debole. Se ne desume che con la separazione i coniugi non pongono fine al rapporto matrimoniale, ma ne sospendono gli effetti in attesa di una riconciliazione o di un provvedimento di divorzio. Solo quest’ultimo pone fine al rapporto di coniugio con tutte le conseguenze di legge.
A questo punto andiamo ad analizzare la convivenza cd. di fatto tra due persone.
Nella realtà odierna con forza si è imposta l’idea che accosta la famiglia di fatto, come comunità nata fuori dal matrimonio, a quella fondata su tale vincolo. Anche l’evoluzione giurisprudenziale ha portato al riconoscimento della “famiglia di fatto”, quale situazione di rilevanza giuridica. Tuttavia, il ruolo centrale che ancora riveste nel nostro ordinamento, la famiglia cd. legittima o matrimoniale non consente di equiparare giuridicamente lo status di coniuge a quello di semplice convivente. Alla convivenza more uxorio non è possibile applicare, mancando l’atto formale di matrimonio, la disciplina dettata per la famiglia legittima e pertanto si può trattare la convivenza more uxorio come una sorta di rapporto matrimoniale che però non può identificarsi con quest’ultimo. La convivenza rappresenta l’effetto di una scelta di libertà nel senso che i conviventi more uxorio non vogliono vincolarsi giuridicamente e mirano alla realizzazione di una comunanza di vita materiale e spirituale e non solo affettiva e sessuale, pur restando liberi di decidere senza formalità di interrompere l’unione di fatto in qualsiasi istante. Quando il rapporto di fatto si interrompe non è configurabile, in capo ai membri della coppia, alcun diritto. Infatti, i beni acquistati da un convivente durante la relazione, continuano ad essere nella sua esclusiva proprietà non esistendo comunione legale per i conviventi di fatto. Allo stesso modo, non esiste possibilità di rivendicare diritti di natura successoria al convivente superstite in caso di morte, per cause naturali, del partner, tranne nel caso in cui sia stato istituito erede testamentario da quest’ultimo. Il convivente more uxorio, pertanto, potrà ottenere una quota di eredità solo mediante un lascito effettuato dal defunto mediante testamento. Tale liberalità, in ogni caso non potrà ledere la quota ereditaria che la legge riconosce agli eredi legittimari. Per quanto riguarda il diritto di uno dei conviventi nell’ipotesi di morte dell’altro dovuto al fatto illecito di un terzo (si pensi al caso di morte a seguito a sinistro stradale o di omicidio) si deve ormai ritenere che al convivente superstite sia riconosciuto il diritto al risarcimento del danno purché venga fornita “la prova dell’esistenza e della durata di una comunanza di vita e di affetti e di una vicendevole assistenza morale e materiale, cioè di una relazione di convivenza avente le stesse caratteristiche di quelle dal legislatore ritenute proprie dal vincolo coniugale” (Cass. Civ. 07/06/2011, n° 12278). La cessazione di convivenza nel caso in cui la coppia sia stata una coppia di fatto e non legata dal vincolo di matrimonio, fa sì che non ci siano tutele legali e pertanto l’ex-convivente, anche se sprovvisto di mezzi economici sufficienti per il suo sostentamento e indipendentemente dalla durata del periodo di convivenza, non può vantare nei confronti dell’altro partner alcuna pretesa di ordine economico relativa al proprio mantenimento e quindi non può accedere alla richiesta formale di assegno di mantenimento.
Non esiste pertanto alcun obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento all’ex compagna perché manca il presupposto previsto dalla giurisprudenza italiana e che è quello della convivenza sancita dal matrimonio. Inoltre, non ci sono i presupposti per vedere riconosciuto il diritto alla pensione di reversibilità o a quella indiretta in caso di convivenza more uxorio, infatti, in caso di morte di un lavoratore o pensionato, il convivente more uxorio non avrà diritto alla pensione di reversibilità o a quella indiretta. In materia pensionistica è stato così riconfermato che la mancata inclusione del convivente tra i soggetti beneficiari del trattamento pensionistico di reversibilità trova una sua ragionevole giustificazione nella circostanza che il suddetto trattamento si collega solo ad un preesistente rapporto giuridico che, nel caso di specie, manca.