Legittima difesa nei confronti di chi agisce con la previsione di determinare una reazione aggressiva (Dott. Valeriano Aquino)

Pare opportuno, per inquadrare la vicenda in rilievo, esaminare in via preliminare la cornice normativa di cui all’art. 52 c.p.

Le cause di giustificazione, o scriminanti, sono situazioni previste dalla legge in presenza delle quali un fatto, altrimenti illecito, viene considerato dall’ordinamento lecito.

Le scriminanti sono contemplate nel nostro Codice penale sia nella parte generale, agli artt. 50-54 c.p. (c.d. scriminanti comuni), sia nella parte speciale, con riferimento a specifiche fattispecie criminose (c.d. scriminanti speciali).

L’art. 52 c.p. introduce la causa di giustificazione della c.d. legittima difesa: “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionale all’offesa”.

Dunque, in termini generali, la scriminante de qua ammette, in via del tutto eccezionale, il riconoscimento di un diritto alla difesa, sempre che sia accertata la sussistenza, con prova rigorosa, di tutti i requisiti imposti dal legislatore.

Sotto il profilo strutturale la legittima difesa si incentra su due poli: l’aggressione ingiusta e la reazione legittima.

Quindi, per poter operare la scriminante della legittima difesa è necessario, prima di tutto, che il soggetto sia stato ingiustamente aggredito.

Tale situazione di pericolo può essere determinata da una condotta umana tanto attiva quanto omissiva (ad esempio un cane di razza particolarmente feroce che azzanna un bambino alla presenza del padrone che avrebbe potuto evitarlo esercitando il dovuto controllo sull’animale).

L’aggressione deve, pertanto, concretizzarsi in un pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, può sfociare nella lesione di un diritto.

La condotta difensiva può avere ad oggetto anche la difesa da un pregiudizio per un “diritto altrui”.

Quanto invece alla reazione legittima essa si sostanzia in un’azione determinata dalla necessità di difendersi e caratterizzata dalla proporzionalità tra offesa e difesa.

La necessità di difendersi ricorre quando la reazione contro l’aggressore appare l’unica soluzione idonea per fronteggiare la situazione di pericolo.

Inoltre, come abbiamo accennato sopra, deve sempre sussistere proporzione tra difesa e offesa, valutata tenendo conto del rango dei beni in conflitto, dell’intensità dell’offesa minacciata rispetto a quella realizzata e di tutte le altre circostanze utili del caso concreto, come i mezzi a disposizione dell’aggredito, la possibilità di fuga ecc.

Terminata l’analisi dell’art. 52 c.p. occorre, dunque, verificare se è applicabile la scriminante della legittima difesa in caso di una situazione di pericolo volontariamente causata dal soggetto aggredito.

Il caso de quo sottoposto al vaglio di codesto studio legale richiama alla memoria gli insegnamenti dottrinali e giurisprudenziali elaborati in tema di cause di giustificazione che abbiamo poc’anzi illustrato, in base ai quali nessuno può invocare una scriminante se abbia volontariamente causato la situazione di pericolo con un suo antecedente comportamento.

Infatti, giurisprudenza costante della Cassazione ha più volte escluso l’operatività della legittima difesa quando la situazione di pericolo, che implica la reazione difensiva, è stata volontariamente causata dall’agente che esponendosi consapevolmente al pericolo ha accettato tale situazione pericolosa da lui determinata (come nel caso del provocatore o di chi partecipa a una rissa).

In tal caso, perciò, la determinazione volontaria del pericolo esclude la configurabilità della legittima difesa non tanto per la mancanza del requisito dell’ingiustizia dell’offesa, ma per difetto del requisito della necessità stessa della difesa, in quanto è mancante il requisito della convinzione di dover agire per scopo difensivo.

In tal senso si è pronunciata la giurisprudenza, secondo la quale “in tema di legittima difesa, nel concetto di offesa, da cui si è costretti a difendersi, rientra la circostanza che la situazione di pericolo non sia stata dall’agente volontariamente determinata mediante un suo antecedente comportamento. Pertanto, la difesa legittima non è applicabile a chi agisca nella ragionevole previsione di determinare una reazione aggressiva, accettando volontariamente la situazione di pericolo da lui determinata” (Cass. Pen., Sez. V, 02/05/2025, n. 16517).

Alla luce di quanto finora esposto e applicando tali principi alla vicenda fattuale che ci occupa sembra potersi concludere nel senso che l’esimente della legittima difesa, ex art. 52 c.p., non troverà applicazione in caso di una situazione di pericolo volontariamente causato dal soggetto aggredito.