Unioni Civili e Convivenze di Fatto
Sono utili brevi cenni di carattere storico sociologico sulla evoluzione del diritto di famiglia e dei suoi istituti.
Le norme che hanno ad oggetto i rapporti giuridici ed i soggetti che costituiscono la famiglia sono passate da una concezione di famiglia, gerarchico-patriarcale e discriminatoria nei confronti della moglie, ad una concezione di istituzione gerarchicamente organizzata in società tra uguali.
In effetti, la legge 151, del 1975 si basava sull’uguaglianza tra uomo e donna e cancellava la contrapposizione tra figli nati in costanza di matrimonio e figli nati da genitori non uniti in matrimonio.
Successivamente la legge 54, del 2006, ha introdotto l’affido condiviso dei figli e le leggi 219/2012 e 154/2013 hanno avuto il preciso fine dell’uguaglianza giuridica tra figli. Mentre le leggi 162/2014 e 55/2015 hanno introdotto innovazioni procedurali, come la negoziazione assistita ed il divorzio breve. Ma la legge che ha più innovato il sistema giuridico interno adeguandolo alle reali spinte sociali è stata la L. 76/2016, nella quale hanno trovato riconoscimento e regolamentazione nuovi modelli familiari, ossia le Unioni Civili tra persone dello stesso sesso e le Convivenze di Fatto. Tale legge era ormai improcrastinabile nel diritto interno, attesa la evoluzione sociale già ormai sancita nella legislazione dei paesi europei, nonché rinvenibile nel riconoscimento delle coppie dello stesso sesso operato dalla Corte Costituzionale (Sentenza 11/06/2014, n° 170) e della Suprema Corte di Cassazione ( 09/02/2015, n° 2400).
Secondo l’art. 8 della CEDU, richiamato nelle predette sentenze, per famiglia dove intendersi, non solo ogni relazione fondata sul matrimonio, ma anche ogni stabile legame affettivo di fatto e, non solo, anche alle coppie omosessuali deve essere riconosciuto il rispetto e la tutela del diritto fondamentale di vivere liberamente il loro rapporto.
Al termine di tale processo si inserisce la legge 76 del 2016, la quale ha riconosciuto e regolamentato le unioni tra persone dello stesso sesso, escludendo che dette unioni possano essere definite come matrimonio.
La costituzione, quindi, delle unioni civili è contrattuale e vengono qualificate come specifiche formazioni sociali idonee a favorire lo sviluppo della persona nella vita di relazione. Ciò significa aver riconosciuto alla relazione tra persone dello stesso sesso l’idoneità a essere titolari di diritti e obblighi.
L’unione civile si costituisce attraverso una dichiarazione resa di fronte all’Ufficiale dello stato civile, il quale provvede alla registrazione degli atti dell’unione nell’archivio di stato civile ed ha la mera funzione di certificare la volontà delle parti.
Venendo ai doveri ed ai reciproci obblighi derivanti dall’Unione, deve riferirsi, in primo luogo, che i doveri sono correlati alla solidarietà e concernono l’assistenza morale e materiale, la coabitazione e la contribuzione ai bisogni comuni, mentre è espressamente escluso l’obbligo alla fedeltà.
Dunque, per assistenza morale si intende il dovere di prestare al partner condivisione ed attenzione nella quotidianità, nonché aiuto nei momenti di difficoltà. Nell’obbligo di assistenza materiale rientra il concetto di mantenimento, nonché fornire tutto ciò che è necessario per un’esistenza libera e dignitosa.
La nuova legge ha riconosciuto al convivente alcuni diritti che prima non lo erano, come quello di rappresentare l’altro in caso di malattia che comporti incapacità di intendere e di volere e in caso di morte, per quanto concerne la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie. L’unito civilmente può altresì essere nominato tutore, curatore, amministratore di sostegno dell’altro ed il Giudice tutelare nella scelta dell’amministratore di sostegno deve preferire, ove possibile, il civilmente unito all’amministrando.
Quanto agli effetti di natura patrimoniale la disciplina delle unioni civile richiama integralmente le norme previste per il matrimonio, quindi, in mancanza di espressa pattuizione, il regime patrimoniale è costituito dalla comunione dei beni.
Allo stesso modo, si applicano all’unione civile tra persone dello stesso sesso le disposizioni relative agli alimenti. In ragione di ciò il contraente civile è tenuto a prestare gli alimenti al partner che si trovi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento.
Anche per quanto riguarda la successione per causa morte, il civilmente unito è parificato al coniugato, riconoscendogli anche il diritto di abitazione nella casa familiare e le indennità di fine rapporto lavorativo.
Allo scioglimento dell’unione civile si applica la disciplina del divorzio, ma non è richiesto il passaggio dalla fase di separazione prima di pervenire allo scioglimento.
Per lo scioglimento dell’unione civile è sufficiente la domanda congiunta o disgiunta delle parti, che dichiarino all’ufficiale dello stato civile l’intenzione di sciogliere l’unione; decorsi tre mesi dalla suddetta manifestazione di volontà, l’unito civilmente (o la coppia congiuntamente in caso di accordo) potrà rivolgersi al Tribunale al fine di ottenere la pronuncia di scioglimento. Allo stesso modo è applicabile la norma secondo la quale il Tribunale ha la possibilità di attribuire ad una delle parti il diritto di ricevere, dopo lo scioglimento dell’unione, un assegno di mantenimento, la cui disciplina coincide con quella dettata per il divorzio. Dunque, l’assegno avrà funzione assistenziale e per la quantificazione si applicheranno gli stessi criteri utilizzati per le coppie unite in matrimonio. In ambito procedimentale si applica la normativa sulla negoziazione assistita e ci si potrà rivolgere anche al Sindaco.
In definitiva la legge 76 del 2016 ha ampliato il tradizionale concetto di famiglia, ricomprendendovi anche le unioni civile e la convivenza di fatto, tenendo in debito conto dell’evoluzione sociale, peraltro già viva in molte realtà europee.