Captazione testamentaria

Il testamento è l’atto unilaterale non recettizio a mezzo del quale il testatore ha la possibilità di disporre delle proprie sostanze a far data dalla apertura della sua successione. Pertanto, il testamento assumerà efficacia solo al momento dell’apertura della successione. Ciò giustifica il fatto che il testatore potrà in ogni momento modificare le proprie disposizioni patrimoniali.

Nei negozi a causa di morte è possibile individuare i requisiti essenziali di ogni negozio giuridico: volontà, causa, oggetto e forma (art. 1325 c.c.)

La legge prevede che il testamento, quando viziato sia nullo o annullabile. I casi di nullità riguardano la violazione dei requisiti formali dell’autografia, della sottoscrizione da parte del testatore. Nelle altre ipotesi, come la inesistenza, ovvero l’incertezza della data, oppure la esistenza di un vizio del consenso (formarsi della volontà), il testamento potrà essere oggetto di annullamento.

Riguardo, quindi, al requisito della volontà del testatore, che nel negozio testamentario ha una considerazione maggiore, da parte dell’ordinamento, rispetto ai negozi inter vivos, poiché il legislatore pone in risalto la preoccupazione di tutelare, nella misura più ampia possibile, la libera e genuina formazione della volontà stessa.

Pertanto, ai fini della validità del testamento assume rilevanza l’integrità della volontà del testatore, sia nella capacità, sia nell’assenza di turbative e circostanze che incidano sulla formazione della stessa.

I vizi alla volontà previsti dal codice, riguardanti il testamento, sono l’errore, la violenza ed il dolo. In tali ipotesi il testamento è annullabile, con effetti ex tunc.

L’azione di annullamento potrà essere svolta da parte di chiunque vi abbia interesse, nel termine prescrizionale di cinque anni decorrenti dal giorno in cui è stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie, ex art. 606, 2 comma, c.c.

Tralasciando i vizi dell’errore e della violenza, nel caso di specie viene in luce il vizio del dolo.

Il dolo consiste in un insieme di artifizi e raggiri adoperati da un terzo per fuorviare il testatore nelle sue decisioni, da valutare anche in base alle condizioni psicologiche, ambientali, culturali, in cui quest’ultimo si trova. Abbiamo quindi una falsa rappresentazione della volontà del testatore che non si genera spontaneamente, ma consegue al fatto di un altro soggetto.

Tale vizio si distingue in dolo e captazione (questa vista come una forma più lieve del dolo). La captazione testamentaria è il dolo con il quale taluno abbia indotto il de cuius a testare in modo diverso da quella che altrimenti sarebbe stata la sua volontà. La Suprema Corte ha precisato la definizione di captazione nel seguente modo: “la captazione consiste nel creare nel testatore la fallace convinzione di determinare spontaneamente e liberamente la propria volontà”.

La giurisprudenza precisa altresì che affinché si abbia dolus malus non basta una qualsiasi influenza esercitata sul testatore per mezzo di sollecitazioni, consigli, blandizie e promesse, ma è necessario il concorso di mezzi fraudolenti, che siano da ritenersi idonei ad ingannare il testatore e ad indurlo a disporre in modo difforme da come avrebbe deciso se il suo libero orientamento non fosse stato artificialmente e subdolamente deviato. La prova della captazione, pur potendo essere presuntiva, deve fondarsi su fatti certi che consentano di individuare e ricostruire l’attività captatoria e la conseguente influenza determinante sul processo formativo della volontà del testatore.

La giurisprudenza maggioritaria ritiene che per la sussistenza di un dolo rilevante ai fini della esistenza di un vizio della volontà del de cuius, non è sufficiente qualsiasi influenza di ordine psicologico esercitata sul testatore mediante raggiri o suggerimenti, ma occorre la presenza di altri fraudolenti mezzi, i quali siano idonei a trarre in inganno lo stesso, suscitando in lui false rappresentazioni o orientando la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata.

Si deve in primo luogo evidenziare che è possibile agire per l’annullamento del testamento, entro cinque anni dalla data in cui è stato dato luogo alla esecuzione dello stesso, anche parziale. Inoltre, l’annullamento rilevato dal Giudice ha efficacia ex tunc, ossia retroattivamente al giorno in cui viene dichiarata dallo stesso Giudice, assumendo validità un testamento precedente, ovvero in mancanza una successione legittima e non testamentaria.

Nel giudizio di annullamento, chi lo propone sarà onerato di fornire una prova certa sull’attività captatoria del convenuto, nonché sull’influenza determinante, della stessa, sul processo formativo della volontà del de cuius. Dunque, la giurisprudenza he ritenuto che, in assenza della dimostrazione dei suddetti mezzi fraudolenti, non è consentito confondere e sostituire questi ultimi con la sola prova di atteggiamenti di piaggeria, blandizia e affettuosità.

Pertanto, la circostanza dell’età non è sufficiente, come anche la incapacità va provata concretamente, affinché si dimostri la idoneità degli stessi a trarre in inganno il testatore, suscitando in lui false rappresentazioni della propria volontà nel senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata.